I CRANI ALLUNGATI DELLE ANTICHE CIVILTÀ
- Elìa
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 1 giorno fa
Un’antica pratica tra mito, ritualità e scienza dimenticata
CUE MAGAZINE | Sezione: Civiltà Perdute & Archeoantropologia

Introduzione
Li hanno trovati nei deserti del Perù, nei bassopiani del Caucaso, nelle necropoli egizie, nei villaggi proto-neolitici dell’Ucraina.
Crani allungati, deformati secondo un’intenzionalità rituale.
Ma perché?
E soprattutto: per chi?
CUE entra in una delle più affascinanti controversie dell’antropologia:
la deformazione cranica artificiale. Un gesto apparentemente estetico, ma carico di codici simbolici, cosmologici e – forse – genetici.
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Un fenomeno globale
La pratica dell’allungamento cranico, nota come deformazione cranica intenzionale, è attestata in oltre cento culture antiche.
Spaziando dai Maya agli Huns, dai Sumeri ai Sarmati, dalle tribù africane ai popoli sciti.
La tecnica consisteva nell’applicazione di tavolette o fasciature nei primi mesi di vita, quando il cranio del neonato è ancora malleabile. Il risultato: una volumetria allungata e innaturalmente elegante del capo, spesso associata a una condizione elitaria o sacerdotale.
Ma la domanda che pochi osano porre è: da dove viene davvero questa ossessione globale?
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Non imitazione, ma memoria?
Le tesi canoniche parlano di “imitazione estetica delle élite”.
Ma c’è un paradosso: in molte civiltà, i primi crani allungati appaiono prima ancora dell’adozione del rituale.
In Perù, a Paracas, i crani naturalmente dolicocefali (non artificialmente deformati) sono datati oltre 3.000 a.C.
Sono più antichi della civiltà Inca.
Più sofisticati, e con caratteristiche biologiche anomale:
• assenza di suture parietali
• maggiore capacità cranica
• diverso volume occipitale
• presenza in alcune analisi di DNA mitocondriale sconosciuto
È possibile che alcune popolazioni ricordassero — o volessero replicare — un’altra razza? Un popolo “celeste”, come affermano decine di miti fondativi?
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I miti parlano chiaro
• Gli Egizi parlavano di Osiride e dei Neter, i primi re non umani.
• I Dogon del Mali raccontavano dei Nommo, esseri anfibi venuti da Sirio, dalla testa allungata e dalle mani palmate.
• I Maya deformavano i crani per “avvicinarsi agli dèi”.
• I popoli Uralici onoravano un’antica stirpe chiamata Almas, “coloro che vennero prima”, e che avevano testa ovoidale.
In molte lingue antiche, il termine per “saggezza” coincide con “altezza” o “verticalità”.
E se quell’elevazione fosse anche fisiologica?
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Codice simbolico o codice genetico?
L’atto dell’allungamento del cranio può essere visto come:
• atto iniziatico (distinguere l’individuo ordinario da quello sacro)
• imitazione del divino (modellare il corpo come ricettacolo celeste)
• mimetismo morfogenetico (tentare di risvegliare un tratto perduto)
Alcune correnti genetiche alternative — tra cui gli studi di Brien Foerster, Klaus Dona e Lloyd Pye — ipotizzano che alcune linee umane possano essere ibridazioni antiche, oggi rimosse dalla narrazione ufficiale.
La forma del cranio potrebbe aver avuto un ruolo nella capacità pineale, nella ricezione di informazioni elettromagnetiche o nella percezione multidimensionale.
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Neuroantropologia dimenticata
Nel 1972, un gruppo di neurologi russi studiò i crani allungati dei sacerdoti sciti e ipotizzò che la conformazione potesse modificare il flusso cerebrale, favorendo stati di coscienza alterati.
In epoche recenti, Elena Sidorova, neurologa armena, ha ripreso l’ipotesi secondo cui la verticalità del cranio avrebbe influito sulla geometria delle onde cerebrali.
Allungare il cranio non era solo estetica.
Era architettura sacra applicata al corpo umano.
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Conclusione – Il cranio come antenna
Forse quei crani non erano semplicemente “moda”, né segni di dominazione.
Forse erano porte.
Segnali di un’interfaccia uomo-cielo, riattivata con rituali millenari.
In un’epoca in cui ci insegnano a dimenticare la sacralità del corpo,
la domanda torna nitida:
e se i nostri antenati sapessero qualcosa che oggi ci è stato tolto?
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CUE segnala
La ricerca sui crani allungati è oggi uno dei nodi più sensibili della controversia archeo-genetica.
Alcuni campioni prelevati a Paracas sono stati testati nel 2015 con risultati parziali che indicavano linee mitocondriali non amerindie.
Nessuna università ha però mai confermato o proseguito ufficialmente la linea di ricerca.
CUE continuerà a indagare.
Approfondimenti e riferimenti
Le ricerche riportate in questo articolo attingono a fonti accademiche, archeologiche e speculative. Il nostro intento non è convalidare una verità assoluta, ma aprire spazi di riflessione documentata.
Fonti accademiche e archeologiche
1. Tiesler, Vera (2014) – The Bioarchaeology of Artificial Cranial Modification: New Approaches to Head Shaping and its Meanings in Pre-Columbian Mesoamerica and Beyond
Cambridge University Press
→ Riferimento fondamentale sull’uso rituale della deformazione cranica nei Maya, Inca, Nord e Sud America.
2. Anton, Susan C. (1989) – Intentional Cranial Vault Modification and Associated Dental Morphology from the Prehistoric Southwest
American Journal of Physical Anthropology
→ Studio sull’impatto della deformazione sulla morfologia e sulla società.
3. Neumann, Georg K. (1942) – Types of Artificial Cranial Deformation in the Eastern United States
→ Uno dei primi studi sistemici sulla diffusione del fenomeno in Nord America.
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Fonti genetiche e controversie Paracas
4. Brien Foerster & L.A. Marzulli – The Enigma of Cranial Deformation: Elongated Skulls of the Ancients (2014)
→ Analisi indipendenti sui crani di Paracas.
NB: Il team ha commissionato test di DNA mitocondriale a laboratori statunitensi privati. I risultati suggerivano linee genetiche non autoctone.
5. Brien Foerster – Paracas DNA Analysis Project (2015-2018)
Disclaimer: fonti da prendere con spirito critico; i dati non sono stati confermati da università riconosciute.
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Fonti mitologiche e etnografiche
6. Marcel Griaule & Germaine Dieterlen – The Pale Fox (1965)
→ Studio approfondito sul sistema simbolico e cosmologico dei Dogon del Mali, incluso il mito dei Nommo e Sirio B.
7. Zecharia Sitchin – The 12th Planet (1976)
→ Ibrido tra narrativa e saggistica speculativa. Tratta dell’influenza di esseri “Anunnaki” nella genetica umana.
NB: Non accademico, ma ha influenzato la visione culturale del tema.
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Fonti neuroscientifiche e ipotesi alternative
8. Sidorova, Elena (non mainstream)
→ Ipotesi sulle frequenze cerebrali e la geometria cranica.
Alcuni materiali sono pubblicati su archivi alternativi russi. Nessuna conferma accademica, ma spunti suggestivi per un centro studi esplorativo.
9. Lloyd Pye – Everything You Know Is Wrong (2006)
→ Conosciuto per le ricerche sul “Starchild Skull”.
Non accademico, ma rilevante per chi indaga fuori dai binari ortodossi.
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