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I MISTERI DEI DOLMEN

  • Immagine del redattore: Elìa
    Elìa
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min


Tavole sacre, portali celesti, atlanti perduti


Da costruzioni funerarie a nodi simbolici nel paesaggio, i dolmen potrebbero rappresentare il tentativo dell'uomo di riprodurre la mappa cosmica sulla Terra. Ma chi l'ha insegnato?




Introduzione: il peso della pietra, la leggerezza del segno


In ogni angolo del pianeta, a migliaia di chilometri di distanza e in epoche che gli accademici si ostinano a considerare scollegate, troviamo gli stessi gesti: blocchi di pietra eretti in equilibrio geometrico, lastroni sovrapposti, camere orientate, tunnel che puntano al sole nascente.

Questi gesti si chiamano dolmen.


La storiografia ufficiale, con una semplificazione scolastica, li ha etichettati come “tombe collettive neolitiche”.

Ma le tombe non guardano il cielo. E le tombe non si replicano, con le stesse proporzioni, tra Galizia, Sardegna, Palestina, Scozia, Corea, India.


Quello che chiamiamo dolmen è un codice. Una frase incisa nella pietra, che l’uomo preistorico non ha lasciato per caso, ma per necessità.


I. Il dolmen come linguaggio


La prima cosa da comprendere è che i dolmen non sono edifici, ma frasi.Ogni dolmen è una struttura grammaticale composta da soggetto (la pietra), verbo (l’equilibrio), oggetto (il cielo).


Dove la scrittura non esisteva ancora, le strutture megalitiche erano una lingua scolpita nello spazio.


  • Il piano orizzontale (tavola) rappresenta l’elemento celeste, l’orizzonte, il passaggio.


  • I piedritti verticali (le due pietre che lo sorreggono) rappresentano l’uomo e la donna, i poli della dualità.


  • L’insieme è un simbolo: la porta, l’atto di passaggio.


Come accade con i mandala o i sigilli tantrici, ciò che importa non è solo ciò che si vede, ma ciò che si attiva nella coscienza di chi lo percepisce.


II. Allineamenti, astronomia e cartografia del sacro


Un numero crescente di studi, a partire da Alexander Thom, fino a Giulio Magli, ha dimostrato che i dolmen:


  • Sono orientati verso il sole nascente ai solstizi o in direzione di stelle specifiche (Sirio, Pleiadi, Orione).


  • Sono spesso disposti in serie, lungo direttrici geografiche coerenti con le ley lines (ipotetiche linee energetiche terrestri).


  • Alcuni puntano verso caverne, montagne o fonti d'acqua con valore simbolico o cultuale.

In altre parole, il dolmen non è un oggetto isolato, ma un nodo di una rete sacra, una mappa tridimensionale che riflette una geografia invisibile: cosmica, mitologica, psicologica.


Queste strutture non erano solo “sepolcri”.Erano strumenti di interfaccia tra terra e cielo.


III. Tecnologia dimenticata: chi li ha costruiti davvero?


Ogni lastrone di un dolmen può pesare tra le 20 e le 50 tonnellate.Le culture che li hanno eretti non avevano la ruota, non conoscevano il ferro, non disponevano di animali da tiro.

Come hanno fatto?


Le teorie spaziano da:


  • tecniche di sollevamento per attrito e leve multiple


  • uso di rulli su terreno bagnato (ipotesi smentita per molte zone)


  • conoscenze perdute di acustica, magnetismo, antigravità (ancora oggi oggetto di indagine scientifica, come nei lavori di Ibrahim Karim sulla “bio-architettura armonica”)


Ma c'è un dettaglio che sfugge ai più: la precisione matematica delle proporzioni.Molti dolmen rispettano rapporti armonici, come la sezione aurea, o allineamenti a triangolazioni perfette.Chi ha insegnato loro questi rapporti?Perché replicarli in modo ossessivo?


IV. I dolmen come “banchi cosmici”


Una delle ipotesi più potenti, sostenute da correnti multidisciplinari (antropologia, filosofia, genetica, simbolismo), è che i dolmen:


  • Riproducessero un modello universale: la tripartizione uomo-mondo-cielo


  • Fossero “luoghi di ricalibrazione”: punti dove il corpo umano si riallineava con il cosmo


  • Servissero come strumenti di passaggio iniziatico (rituale di morte e rinascita)


In questo senso, ogni dolmen non è una tomba ma un banco scolastico cosmico.Un luogo dove apprendere il mistero dell’essere incarnati.Un tempio dissimulato sotto forma di pietra.


V. Una tesi emergente: memoria genetica collettiva


Recenti analisi genetiche (come quelle pubblicate su Nature nel 2020) suggeriscono che molte culture megalitiche, pur distanti nel tempo e nello spazio, condividevano antenati comuni.


Questo potrebbe indicare:


  • Una matrice comune culturale e simbolica, più antica di quanto si pensasse


  • Una diffusione globale di un sapere simbolico, non trasmesso solo per via orale ma codificato in forma architettonica


  • Una memoria genetica archetipica che ha spinto popoli diversi a ripetere lo stesso gesto: innalzare dolmen, orientati al cielo, come atto sacro


È possibile che non ricordiamo razionalmente chi ha iniziato tutto questo.Ma lo portiamo nel sangue.


Conclusione: il dolmen come firma di un patto dimenticato


Ogni dolmen è una firma.Un sigillo inciso sulla Terra per ricordare il legame tra l’uomo e il cielo.Un codice universale, che le nostre società ipertecnologiche faticano a decifrare non perché sia complesso, ma perché è semplice.


È ritmico, simbolico, ciclico.


CUE propone una visione diversa:e se i dolmen fossero stati scritti da una civiltà che non conosciamo più, ma che conosceva noi meglio di quanto noi conosciamo noi stessi?



Fonti e riferimenti


  • A. Thom, Megalithic Sites in Britain

  • G. Magli, Architettura e astronomia nelle civiltà antiche

  • Nature, 2020: Ancient genomics and the spread of megalithic cultures in Europe

  • R. Bauval & G. Hancock, Il mistero di Orione

  • Soprintendenze archeologiche italiane: Dolmen di Bisceglie, Dolmen di Luras

  • S. de Lubicz, Il tempio dell'uomo

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