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Il corpo è il primo territorio da riconquistare - Perché solo attraversando la carne possiamo ritrovare la strada verso casa.

  • Immagine del redattore: Elìa
    Elìa
  • 6 lug
  • Tempo di lettura: 5 min


INTRO


Ti sei mai chiesto dove vivi davvero?


Non dove abiti. Non la città. Ma dove sei, quando non pensi? La risposta, se sei come la maggior parte delle persone, è semplice e inquietante: nella testa.


Viviamo lì dentro. Parole, pensieri, immagini. Siamo una mente in un contenitore trascurato, spesso ignorato, a volte odiato: il corpo.


Eppure, il corpo è il primo territorio che hai abitato. È la tua vera casa. Prima della tua lingua. Prima della tua storia. Prima del tuo nome.


Ma lo abbiamo delegato. A estetisti, medici, allenatori, psicologi, algoritmi. Lo trattiamo come una macchina da correggere, un involucro da migliorare, un ostacolo da superare.


Quello che abbiamo perso non è solo il contatto fisico. Abbiamo perso la mappa interiore. E senza mappa, non c’è orientamento. Senza orientamento, non c’è radicamento. E senza radicamento, siamo esiliati da noi stessi.


In questo articolo non parleremo di “accettare il corpo”. Parleremo di ritornarci. Di abitarlo. Di attraversarlo come si attraversa una foresta sacra. Perché ogni viaggio comincia lì: dove senti il tuo respiro.


1. Il corpo come confine: dove finisci tu?


Ogni identità, ogni presenza, ogni relazione inizia con una linea di confine. Quella linea non è metaforica. È fisica. È la tua pelle. È il limite tra te e il mondo. Tra il dentro e il fuori. Tra ciò che percepisci e ciò che sei.


Eppure, non ci pensiamo mai. Non ci chiediamo: dove finisco io? Dove inizia l’altro?

Il corpo è il primo filtro. Tutto entra da lì: i traumi, gli sguardi, l’amore, la rabbia, il silenzio. E tutto lascia un segno: nei muscoli, nella pelle, nel respiro, nella postura. Il corpo non dimentica. Anche quando tu non vuoi ricordare.


🖐️ Il tatto: il senso originario


Il primo senso a svilupparsi nell’embrione è il tatto. Prima di vedere, prima di parlare, sentiamo. Attraverso la pressione, il calore, il contatto.


Ma oggi il tatto è stato rimosso:– il corpo viene toccato solo per curare, misurare o correggere– il contatto fisico è diventato minaccioso, scomodo, ambiguo– il desiderio è mediato da schermi, chat, app


Senza tatto, perdiamo confine. E senza confine, perdiamo orientamento. Ci dissolviamo nel mentale. Soffriamo di un male sottile: l’inabitabilità di noi stessi.


📦 DOMANDA FRONTIERA


Qual è la zona del tuo corpo che non senti da tempo?Quella che non guardi, non tocchi, non ascolti mai? Prova a portare lì l’attenzione. Senza giudizio. Solo presenza. Forse… lì comincia la tua vera mappa.

2. Territorio dimenticato: vivere solo dalla testa in su


Viviamo nella parte alta del corpo. Siamo teste ambulanti, con pensieri che si rincorrono, occhi stanchi, mandibole tese. Il resto? Una periferia remota. Una provincia ignorata. Il bacino, le gambe, la schiena, il ventre… diventano terra straniera.


Questa disconnessione ha un prezzo altissimo. La cultura ci ha convinti che la mente comanda e il corpo esegue, che il pensiero ha valore e la sensazione è secondaria, che l’efficienza è più importante della presenza.


Ma non siamo stati costruiti così. Siamo corpi intelligenti, non appendici della ragione. Il corpo sente prima che tu capisca. Il corpo sa prima che tu possa nominare.


🧭 Il sintomo come mappa


I sintomi fisici non sono malfunzionamenti casuali. Sono mappe emotive.– La tensione alla gola può parlare di parole non dette.– Il mal di schiena può raccontare il peso che porti.– I disturbi digestivi possono nascondere ciò che non riesci a “digerire” nella vita.

Se impari ad ascoltarli, non sono più ostacoli. Sono segnali. Coordinate precise che ti riportano a casa.


📦 ESERCIZIO DI ROTTURA


✨ Chiudi gli occhi. Respira.Ora porta l’attenzione a un piede.Senti la pelle, il peso, la temperatura.Poi sali lentamente verso il ginocchio, il bacino, il cuore. Dove si interrompe la percezione? Dove la mente “scappa”? Lì c’è un punto cieco. Un territorio da esplorare.Non per forza da risolvere. Ma da sentire.


3. Riscoprire il corpo: grounding, cammino, immersione


Se la mente è un labirinto, il corpo è una radice.Per ritrovare orientamento, dobbiamo scendere.Ritornare alla terra.Letteralmente.


🌍 Il potere del Grounding


Camminare scalzi sulla terra, sull’erba, sulla sabbia non è solo romantico:è scienza.

Il grounding, o earthing, è una pratica studiata:– Riduce cortisolo e infiammazione– Regola il ritmo circadiano– Migliora il sonno, l’umore e la frequenza cardiaca– Ristabilisce la coerenza elettromagnetica tra corpo e pianeta


Studi pubblicati sul Journal of Environmental and Public Health lo confermano: il corpo, a contatto con la terra, scarica l’eccesso di cariche positive, riequilibrando i sistemi nervoso e immunitario.

Eppure, viviamo sospesi su strati di gomma, asfalto, cemento. Le nostre suole sono filtri elettrici. Tagliano la connessione con la realtà. Ci fanno credere di essere separati. E la separazione crea paura.


🦶 Camminare come rito di reincarnazione


Il cammino lento, il piede che tocca il suolo, il passo consapevole…non sono esercizi di fitness. Sono rituali di ritorno. Ogni passo è una dichiarazione: io sono qui, adesso.


In molte culture, il cammino era parte integrante della trasformazione:– Pellegrinaggi–

Iniziazioni– Danze sacre– Percorsi di passaggio


Quando cammini consapevolmente, il corpo diventa preghiera.

📦 BOX ESPERIENZA – Un giorno senza scarpe né specchi


Scegli un giorno.Non indossare scarpe.Non guardarti allo specchio.Vivi la tua giornata solo attraverso il sentire, non attraverso l’apparire.Alla sera, scrivi cosa è cambiato nella tua percezione del corpo.Forse scoprirai che il corpo ti sente molto più di quanto tu lo ascolti.

4. Il corpo come mappa simbolica


Ogni corpo è una terra mitologica. Non solo carne, ma simboli vivi. Non solo organi, ma nodi di memoria, desiderio, paura, potere.


Là dove la medicina vede tessuti e sistemi, la tradizione vede porte, storie, messaggi.


🔍 Zone del corpo come archetipi


  • Il ventre: sede dell’istinto, della digestione emozionale, del potere viscerale. Dove la rabbia si infiamma. Dove la paura si annida.

  • Il cuore: non solo pompa, ma crocevia tra cielo e terra. Lì si rompe e si ricuce l’identità affettiva.

  • La gola: passaggio tra dentro e fuori. Blocchi alla parola, al canto, alla verità.

  • Il pube: fonte di piacere e vergogna, di eros e controllo.Una soglia tra sacro e proibito.


Il corpo è un alfabeto antico,ma l’abbiamo dimenticato.Leggiamo tutto, tranne noi stessi.


🧠 Neuroscienze e psicologia: il corpo che narra


Studi sull’embodied cognition (cognizione incarnata) confermano: la mente non è separata dal corpo, ma è nel corpo. Le emozioni non sono “pensate” ma somaticamente codificate. Il trauma, la gioia, la vergogna…si installano nella postura, nel tono muscolare, nella respirazione.


“Il corpo racconta quello che la mente censura.”– Peter Levine, somatic experiencing

📦 FRAMMENTO DA RICORDARE


“Il corpo non mente. Traduce ciò che la mente censura. Ogni dolore è un messaggio inascoltato. Ogni brivido è una soglia. Ogni respiro è una chiave.”


CONCLUSIONE


Il corpo è il primo ritorno. Non una condanna biologica, ma una possibilità poetica. Non una macchina, ma un tempio, una foresta, un atlante.


In un mondo che ti chiede di essere veloce, prestante, controllato…tu puoi scegliere di sentire. Di abitarti. Di respirare nel cuore, e non nel calendario.


Puoi rientrare nel corpo come si rientra in una casa abbandonata: spolverando, ascoltando, tremando, danzando. E passo dopo passo, trasformare la pelle in pellegrinaggio.


Quando impari a stare nel corpo, smetti di essere solo te stesso. E inizi a essere la terra che cammina.

📦 Box finale – Gesto di ritorno


Ogni mattina, prima di accendere lo schermo o il pensiero, tocca il tuo corpo. Un gesto semplice: una mano sul petto, un massaggio ai piedi, un tocco al viso. Dì a te stesso/a: sono tornato. E poi comincia la giornata.


💬 Fammi sapere cosa ne pensi


Ogni parola conta, ma il confronto ancora di più.


Lascia un commento qui sotto: condividi la tua idea, la tua esperienza o anche solo una provocazione.


È così che iniziano le rivoluzioni: una parola alla volta.

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