LA TOMBA DEL NORD
- Elìa
- 23 mag
- Tempo di lettura: 9 min
Cava Lazzaro e il culto apollineo iperboreo in Sicilia

1. Il silenzio, la pietra, il Nord
C’è un momento, entrando nella tomba scavata nella roccia di Cava Lazzaro, in cui il silenzio smette di essere assenza e diventa materia. Lo spazio è ridotto, quasi angusto: quanto basta per sedere. Le pareti curve, lisce, accolgono come una cassa armonica. La voce, appena accennata, vibra in tutto l’ambiente, rimbalzando con una tonalità sepolcrale e limpida. È il tipo di suono che si genera dentro una campana. O forse, dentro una mente preparata.
Questa piccola camera, nascosta nella campagna siracusana, potrebbe sembrare una semplice sepoltura dell’età del Bronzo, ma i dettagli parlano un linguaggio più antico, più profondo. Il portale d’accesso, scolpito nella pietra calcarea secondo il modulo della cultura di Castelluccio, mostra segni geometrici: otto finti pilastri, linee, monadi, motivi a zig-zag. Tutt’intorno, un paesaggio inciso nel vuoto: la cava come ventre della terra, la tomba come cavità mentale, o forse cosmica.
Ma è la direzione della tomba a fornire la chiave di lettura più sorprendente. La camera è orientata con precisione perfetta verso il Nord. E non un Nord qualsiasi. Un Nord assiale. Un Nord che nei miti greci, nei riti sciamanici e nei culti pre-olimpici coincide con l’Iperborea, la terra degli dei immortali, dove splende il Sole di Mezzanotte.
Cosa cercavano gli antichi in questo punto del paesaggio? Perché rivolgersi al Nord, e non all'Est come da tradizione solare? E soprattutto: cosa succedeva all’interno di quella tomba?
Forse non era una tomba, o non solo. Forse, in usi precedenti alla sepoltura era un antro iniziatico, una camera di incubazione. Un luogo dove il corpo si stendeva, e lo spirito partiva.
2. L’orientamento nord e il culto apollineo iperboreo
L’orientamento delle tombe non è mai casuale. In archeologia del paesaggio, l’asse d’ingresso di una camera ipogeica è spesso indice di un legame simbolico con le direzioni cosmiche, i cicli celesti, le forze telluriche. Ma nel caso di Cava Lazzaro, ciò che colpisce è la precisione: l’asse della camera funeraria principale è perfettamente allineato con il nord geografico. Una scelta anomala, in netto contrasto con le consuete orientazioni solari dell’Età del Bronzo. Una scelta, dunque, che appare deliberata, rituale.
Il Nord, nell’immaginario delle antiche culture indoeuropee, è più che una direzione: è una soglia. Una porta tra mondi. È verso nord che le tribù sciamaniche rivolgevano i propri viaggi astrali. È al Nord che si colloca la leggendaria Iperborea, la terra sacra dove — secondo Erodoto, Pindaro, Plinio, Diodoro — regnava Apollo, dio della luce suprema, delle arti e della conoscenza oracolare. Un Apollo non olimpico, ma arcaico, polare, sciamanico.
Nel saggio L’Angelo dell’Abisso, Marco Maculotti ricostruisce in dettaglio la duplice natura del dio: Apollo come axis mundi, divinità assiale che governa i passaggi tra mondi e stati di coscienza. È lo stesso Apollo che gli antichi Greci veneravano non solo nei templi dorici, ma anche nei santuari sotterranei, in grotte votive e in camere oscure, dove i sacerdoti — gli iatromanti — si abbandonavano a stati di estasi per compiere viaggi “in spirito” verso l’Isola Bianca.
“Gli iatromanti apollinei”, scrive Maculotti, “narrano i viaggi ‘in spirito’ verso la mistica isola posta all’estremo Settentrione. [...] Non si trattava di fantasie poetiche, ma di pratiche rituali ben codificate: un ciclo di discesa, incubazione, visione e ritorno.”
Da questo punto di vista, la tomba di Cava Lazzaro smette di essere una sepoltura. Diventa un portale funzionale, concepito per riprodurre su scala umana il viaggio verso l’Iperborea.
La posizione, l’orientamento e la forma della camera suggeriscono che fosse un catalizzatore simbolico e acustico. Chi vi entrava — forse attraverso un digiuno o una preparazione rituale — veniva immerso in un buio totale, dentro un ambiente silenzioso, rotondo, dove il suono stesso assumeva forma. Un ambiente adatto all’alterazione della coscienza, alla ricezione di visioni, al viaggio iniziatico verso “il Nord degli dei”.
3. L’antro che parla. La tomba come strumento di trasformazione
L’interno della tomba a Cava Lazzaro non è ampio. Anzi, è sorprendentemente raccolto. Come in molte tombe dell’Età del Bronzo siciliana, lo spazio è coerente con la deposizione fetale, simbolo di ritorno nel grembo della Terra. Ma per proporzione e forma, la camera si presta anche a un’altra funzione — quella di accoglimento del corpo vivo, seduto o disteso, in stato di raccoglimento.
In diverse culture antiche, le tombe erano anche luoghi di incubazione rituale: camere dove il sonno era indotto non per fuggire la vita, ma per incontrare ciò che è oltre. In questo senso, la funzione sepolcrale non esclude la funzione visionaria. Al contrario: potrebbe esserne il presupposto più profondo.
Questo dettaglio, unito all’acustica anomala — un’eco profonda, che moltiplica la voce come all’interno di una cavità perfettamente accordata — suggerisce che la camera ipogeica fosse più simile a uno strumento che a una stanza. Uno spazio costruito per agire sulla mente di chi vi entrava. Uno spazio per far sì che la pietra parli.
Le proprietà sonore degli ambienti rupestri non sono un’ipotesi nuova. Studi condotti in diversi contesti archeologici (da Malta al Perù, da Orcomarzo in Calabria alla grotta di Lascaux) dimostrano che molte strutture megalitiche o funerarie presentano caratteristiche acustiche volutamente enfatizzate. In molti casi, le camere sono state scavate o disposte secondo frequenze precise — in grado di amplificare la voce umana, generare vibrazioni interne o creare un effetto di risonanza.
Questa fenomenologia — oggi studiata sotto il nome di archeoacustica — è tutt’altro che secondaria. Perché agisce sulla percezione del corpo e sulla psiche, alterando lo stato di coscienza anche in assenza di sostanze esterne. Nella camera di Cava Lazzaro, questo è evidente: la risonanza è tale da creare una bolla sonora attorno al corpo. Chi vi si siede, sente il proprio respiro diventare eco. La voce rimbalza, ma non in modo caotico: risuona dentro.
In molte culture, antiche e attuali, questo tipo di esperienza sonora è legato a riti oracolari, di incubazione, o di comunicazione con l’aldilà. Nelle grotte oracolari dell’Asia Minore o nei santuari di Apollo Pholeuterios, i sacerdoti (o le Sibille) scendevano nella roccia per ricevere visioni. Nella tradizione dei Phoibolamptoi — i posseduti da Febo — la trance era provocata anche da condizioni ambientali: buio, suono, isolamento. Le tre porte dell’estasi.
A Cava Lazzaro, tutto questo si ritrova condensato. Non in un grande complesso monumentale, ma in una tomba piccola, remota, ma perfetta nella funzione.
La sua architettura sembra progettata per allineare il corpo a un asse invisibile: quello del Nord, dell’Iperborea, dell’Axis Mundi. Lo stesso asse che — secondo gli antichi — collega la Terra ai mondi superiori.
4. Linee, pilastri, monadi: il linguaggio della pietra
I simboli scolpiti sulle pareti della tomba a Cava Lazzaro non sono puri ornamenti. Sono ideogrammi litici, frammenti di un linguaggio arcaico che non scrive parole, ma architetture mentali. Linee a zig-zag, monadi, scolpite nei pilastri intorno all’accesso. Motivi che ricorrono in altre tombe della cultura di Castelluccio — uno dei più affascinanti orizzonti culturali dell’Età del Bronzo siciliana (2200–1450 a.C.) — ma che in questa tomba, grazie alla sua struttura e al suo orientamento, assumono una densità particolare.
Il linguaggio simbolico della pietra in Sicilia è essenziale e potente. Nelle tombe della cultura di Castelluccio, i motivi geometrici scolpiti attorno agli ingressi — come triangoli, cornici rettangolari, linee verticali parallele, assi centrali e fori circolari — non sembrano avere una funzione decorativa, ma indicano un ordine mentale e cosmologico.
Nella tomba di Cava Lazzaro, il portale mostra una disposizione simmetrica di motivi scolpiti: linee assiali, incavi, e soprattutto un centro geometrico preciso, come una monade simbolica. È come se ogni elemento conducesse l’attenzione verso un centro, uno zero, una sorgente.
In molte culture, questi segni non sono meri ornamenti, ma dispositivi rituali. Linee e assi rappresentano l’axis mundi, la connessione tra la Terra e il Cielo. Il punto centrale — reale o evocato — non è un dettaglio, ma una chiave simbolica: il cuore immobile attorno a cui tutto ruota.
Ogni monade è una soglia. E ogni soglia è un atto di orientamento.
E ancora: i pilastri verticali che corrono lungo i bordi dell’ingresso non sono semplici cornici. Sono asse, colonne, “alberi del mondo” in forma simbolica. Come nella simbologia mesopotamica, celtica, vedica, queste linee rappresentano la verticalità sacra: lo scheletro dell’universo, il collegamento tra la terra, l’uomo e il cielo. Il concetto di axis mundi non è un’astrazione filosofica: è la formalizzazione di un’esperienza, quella della centralità. Quella che si prova, per l’appunto, entrando in una tomba come questa.
Al centro, nella parte superiore di ogni pilastro si trova la monade, o il suo equivalente simbolico: un punto sacro da cui parte il disegno. Può essere un foro, un’incisione circolare, o anche solo il centro geometrico attorno a cui ruotano le forme. È il cuore della struttura. Il punto zero. La sorgente.
Alcuni studiosi della cultura di Castelluccio hanno osservato che i portelli scolpiti non rispondono a criteri puramente funzionali, ma sembrano rappresentare un microcosmo simbolico: cornici rettangolari, assi verticali, centri geometrici — segni che insieme configurano uno schema cosmico di passaggio e ritorno
In questo contesto, i simboli non decorano: attivano. Sono interruttori rituali, come i glifi di un linguaggio dimenticato. E Cava Lazzaro, con la sua posizione remota, il suo orientamento a Nord e la sua acustica perfettamente modulata, potrebbe essere uno dei più antichi esempi di “architettura dell’anima” nella Sicilia sud-orientale. Un luogo dove la pietra non chiude, ma apre.

5. Il paesaggio come codice. Cava Lazzaro tra memoria e soglia
Nessun luogo sacro è mai isolato. Cava Lazzaro — come molte delle “cave” degli Iblei — non è solo una fenditura nella roccia, ma un paesaggio inciso. Un solco geografico e mentale, dove la natura e l’uomo hanno intagliato segni che il tempo non ha cancellato. Il suo orientamento, la sua struttura, la presenza di altre tombe scavate nel fianco calcareo, suggeriscono che siamo davanti a un paesaggio rituale stratificato, un “palinsesto del sacro” — come lo definisce l’archeologia contemporanea — in cui ogni elemento risponde a un’idea di ordine superiore.
Secondo gli studi contenuti nel volume Archeologia dei Paesaggi curato da Erica Platania e Thea Messina, le cave siciliane dell’Età del Bronzo non erano semplicemente rifugi o necropoli. Erano spazi liminali, vere e proprie “architetture del vuoto” che combinavano funzione, simbolo e geografia in un sistema coerente. Cava Lazzaro, con la sua pietra chiara e la sua acustica, si inserisce in questo paradigma: un altare sotterraneo, un luogo dove l’interiorità del paesaggio coincide con l’interiorità del viaggiatore.
È in questo scenario che il culto apollineo iperboreo — nella sua forma più antica e meno “solare” — ritrova senso e radici. Non il dio armonico dell’Olimpo, ma l’Apollo ctonio e polare, guaritore e distruttore, spirito dell’Asse, sovrano delle soglie, dell’oblio e del ritorno. Un dio che non si prega alla luce del giorno, ma che si cerca in solitudine, nel cuore della roccia, al Nord.
“Chi varca quella soglia non cerca risposte. Cerca orientamento.”
Dettagli visivi e segni litici
CueMag | Epilogo redazionale
La tomba di Cava Lazzaro non è stata “scoperta”. È sempre stata lì, come una voce in attesa. Il Centro Studi e Ricerche Arco di Apollo vi ha condotto un’esplorazione sul campo, raccogliendo immagini, misurazioni e impressioni che meritano ulteriori indagini. Questo articolo è solo il primo passo.
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La tomba cosiddetta “del Principe” a Cava Lazzaro rappresenta uno degli esempi più interessanti di struttura ipogeica dell’Età del Bronzo in Sicilia. Le sue caratteristiche — acustica, orientamento, simbolismo — aprono alla possibilità che fosse più di una sepoltura: un dispositivo rituale, forse iniziatico.
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Approfondimenti e riferimenti
Le ricerche riportate in questo articolo attingono a fonti accademiche, archeologiche e speculative. Il nostro intento non è convalidare una verità assoluta, ma aprire spazi di riflessione documentata.
Fonti archeologiche e paesaggistiche
Platania, E. & Messina, T. (2022) – Archeologia dei Paesaggi. Spazi, segni e memoria nella Sicilia preistorica→ Studio approfondito sul ruolo delle cave nella costruzione del paesaggio rituale degli Iblei.📄 scarica PDF
Wikipedia – Cava Lazzaro→ Descrizione del sito archeologico e della “Tomba del Principe” come struttura della cultura di Castelluccio.🌐 it.wikipedia.org/wiki/Cava_Lazzaro
Preistoria in Italia (2020) – Le spirali nei portelli delle tombe di Castelluccio→ Analisi dei simboli spiraliformi nei portelli funerari siciliani.🌐 preistoriainitalia.it
Fonti su orientamento rituale e axis mundi
SIA – Società Italiana di Archeoastronomia (2016)→ Documentazione su allineamenti anomali di strutture funerarie e sacre nel Mediterraneo.📄 SIA PDF – archeoastronomia.altervista.org
Wikipedia – Iperborea→ Riferimenti alle fonti antiche su Apollo iperboreo (Erodoto, Pindaro, Plinio).🌐 it.wikipedia.org/wiki/Iperborea
Fonti di archeoacustica e ambienti ipogeici
Reznikoff, I. (1995) – Sound resonance in prehistoric painted caves→ Studio pionieristico sul legame tra arte rupestre e acustica rituale (Grotta di Lascaux).
Debertolis, C. & Bisconti, A. (2012) – Archaeoacoustics: Methodologies and applications→ Analisi acustiche condotte in siti megalitici italiani.🌐 Journal of Anthropology.
Archeoacustica italiana – Malta, Orcomarzo, Sardegna→ Dossier online: archeoastronomia.altervista.org
Fonti simboliche e mitologiche
Marco Maculotti (2022) – L’Angelo dell’Abisso. Apollo, Avalon, il Mito Polare e l’Apocalisse→ Studio sulla figura di Apollo iperboreo come dio assiale e sciamanico.📖 Edizioni Axis Mundi
Eliade, Mircea (1957) – Il mito dell’eterno ritorno→ Fondamentale per comprendere i riti di passaggio, le soglie, l’asse cosmico.
Santuari di Apollo nei culti oracolari (Pholeuterios, Delo, Claros)→ Documentati in numerosi studi di storia delle religioni, legano Apollo a luoghi ctoni, oscuri, acusticamente attivi.
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